Ogni anno, in un tipico sabato mattina di marzo, la gara parte dal centro fiorente della finanza e della moda italiana, Milano, poi attraversa la pianura lombarda e i primi timidi segnali di primavera, seguiti da un ritorno all'inverno con il passaggio degli Appennini attraverso il Turchino.
Dopo aver attraversato il tunnel del Turchino, la gara scende dall'inverno alla piena primavera quando raggiunge la costa ligure per il rapido (ma duro) viaggio lungo la strada ondulata e tortuosa. È qui che avviene la magia: i tre piccoli capi sono gli ultimi antipasti prima di incontrare le due caratteristiche distintive della corsa, la Cipressa e il Poggio. Da lì, gli aspiranti vincitori devono affrontare una delle discese più mozzafiato del ciclismo, con il primo Monumento dell'anno in palio.
È una gara di mondi diversi, di terreni diversi, una gara che non potrebbe essere posizionata meglio sul calendario annuale. È la corsa della primavera; è un rito di passaggio nel nuovo anno. Sulla carta, non sembra granché rispetto ad altri Monumenti: ore e ore e ore di introduzione, seguite da un finale selvaggio e sempre incerto.
È in questo finale, forse i 20 minuti finali più appassionanti della stagione, che si manifesta tutta la magia della Milano-Sanremo. Il fatto che il vincitore non sia mai deciso fino agli ultimi istanti rende la Milano-Sanremo una gara unica. Non ci sono lunghe fughe solitarie come a Roubaix o alle Fiandre: la fuga solitaria più lunga nella recente storia della Sanremo inizia da qualche parte sull'ultima salita del giorno, il Poggio, seguita dalla discesa da brivido verso Sanremo. Tutto dipende dalla domanda: un attaccante (o un piccolo gruppo di attaccanti) riuscirà a staccarsi sul Poggio, o la gara si ricomporrà per una volata di gruppo selezionata?