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MARATONA DELLE DOLOMITI - ENEL 2023
Buongiorno, Maratona dles Dolomites. Sono le 4.30 e, solitamente, a quest’ora ci si gira dall’altra parte e si torna a dormire, ma non la prima domenica di luglio: meglio prepararsi, perché tra due ore comincia l’avventura. Un’occhiata fuori dalla finestra dell’hotel Sassongher, ai piedi del gigante dolomitico che si staglia su Corvara in Badia, per cercare di azzeccare il meteo che ci accompagnerà durante la nostra sfida in sella.
 
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Si scende a far colazione e davanti a noi c’è chi è già vestito di tutto punto e chi ancora ha la faccia addormentata ed è in pigiama. Il buffet è ricco come quello dei matrimoni e la tentazione è di passare la mattinata lì, ma poi l’orologio segna le 5 ed è ora di andare a prepararsi. Vestizione, con uno strato in più per combattere il fresco del mattino, mentre la pioggia non dovrebbe fare capolino.

Ore 5.30. Comincia la migrazione delle formichine che, ognuna dal proprio hotel, comincia a dirigersi verso la partenza a La Villa, a pochi passi dalla leggendaria Gran Risa, la pista da sci dove ogni anno a dicembre i migliori gigantisti del pianeta si danno battaglia nella tappa di Coppa del Mondo di sci alpino. Adesso, al posto del candido bianco, c’è un verde brillante a ricoprirla e, mentre ci avviciniamo al via, veniamo travolti dalla musica e dalla festa che già avvolge il lungo serpentone dei partecipanti.
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Ore 6. Ci si scalda e si scambia qualche battuta coi vicini, poi una sbirciatina alla griglia dove ci sono i tanti campioni degli sport. Il sorriso della biathleta Lisa Vittozzi, le battute del campione olimpico e mondiale Paolo Bettini, la concentrazione del fondista Federico Pellegrino. Poi arriva lo Squalo, Vincenzo Nibali, uno che su queste montagne ha scritto pagine indelebili di ciclismo e il boato è tutto per lui.
Ore 6.15. In griglia incontro la sciatrice Laura Pirovano, di cui mi capita spesso di scrivere durante l’inverno. «Sembra di essere alla Coppa del Mondo di sci!», le dico. «Macché, è molto meglio, c’è davvero tutto», risponde con un sorriso lei prima di fare il suo debutto assoluto alla Maratona.
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Ore 6.29. Dopo la benedizione, arriva il saluto del deus ex machina dell’evento Michil Costa: «Essere umani tra gli umani, ridiventare umani. In questo mondo disumano, aprire gli occhi finalmente e staccarli dal display dello stordimento e pedalare insieme verso quel luogo dentro di noi fatto di bellissima umanità. Oggi, sempre».

L’adrenalina sale alle stelle e parte il countdown. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Si parte! La festa della bici comincia, si pedala nel magico scenario che è patrimonio mondiale dell’Unesco.

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La prima salita del menù per tutti gli ottomila partecipanti è il Campolongo, da qui inizia il Sellaronda (percorso di 55 km per 1780 metri di dislivello), a cui si aggiungerà l’accoppiata Falzarego-Valparola se si opterà per il percorso medio (106 km e 3130m di dislivello). I temerari che, invece, giocano l’all-in e scelgono di fare tutta la Maratona (138 km e 4230 metri di dislivello), prima del Falzarego scaleranno il temibile Giau con le sue pendenze spacca gambe. La prima fatica di giornata è alle spalle, il panorama che ci troviamo di fronte è incantevole e ci lanciamo in picchiata verso Arabba. 
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Passo Pordoi, basta il nome e il pensiero vola ai grandi miti del ciclismo: su tutti, il nome di Fausto Coppi e in cima c’è un monumento che lo ricorda. Un omaggio al Campionissimo è dovuto, soprattutto dopo essere rimasti ammaliati dagli splendidi tornanti di una delle più affascinanti salite dolomitiche, con i fischi delle marmotte a intervallare il brusio delle biciclette.
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Si scende di nuovo e quando si torna a salire dal silenzioso Pordoi si passa al chiassoso Sella, con i campanacci dei fassani e le loro grida a incitarci metro dopo metro. Anche dopo averli passati, è ancora possibile sentirli alle proprie spalle quando si è quasi in cima. Fa effetto pensare che quassù sfrecciò (insieme a Giuseppe Guerini) anche l’indimenticato Pirata Marco Pantani nel 1998, quando si involò verso la Maglia Rosa.
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Il sole riscalda i nostri cuori mentre ci avviamo sul Passo Gardena, con una sosta rapida al ristoro situato a metà salita, con tanti sorridenti volontari pronti a spegnere fame e sete di tutti quelli che decidono di ricaricare il serbatoio. La discesa verso Corvara ridona nuove energie: c’è chi taglia il traguardo e mette fine alla sua sfida e chi prosegue per medio e lungo.
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Prima di imboccare per la seconda volta il Campolongo, mi aspettano le mie “groupies”: mia moglie Katia e mia figlia Olimpia, 4 anni compiuti il mese scorso. Qualche incitamento, le foto in stile visita parenti al Giro d’Italiae poi è tempo di proseguire in sella. Via i manicotti, la temperatura ora è davvero perfetta.

Sulla quinta asperità di giornata, ritrovo l’influencer Elisa Scarlatta, con la quale condivido tutta la parte finale del percorso medio dopo averla incrociata già diverse volte sulle salite precedenti. Una delle cose belle della Maratona è proprio questa: non pedali mai da solo e c’è sempre qualcuno pronto a condividere qualche metro con te. E l’altra peculiarità è che ti trovi a condividere lo spettacolo della Maratona con persone che amano la bici come te e che arrivano da qualunque angolo del pianeta.

Mentre penso alla bellezza di questa festa multiculturale, c’è l’ultimo bivio della giornata: medio o lungo? Chi opta per il primo, si avvia per circa undici chilometri verso il Passo Falzarego e poi ancora per uno e mezzo verso il Valparola. Chi, invece, sceglie il lungo, si trova di fronte il temibile Giau. Io stavolta scelgo il primo, anche perché quest’anno il ciclismo l’ho più raccontato e seguito che praticato, ma vi racconto lo stesso che cosa succede a chi opta per il secondo, avendolo sfidato cinque volte alla Maratona.
Il Giau non molla mai di un metro e ti rapisce non solo per la bellezza del suo panorama, ma anche per le emozioni ovattate che provi mentre lo affronti. Tutto si rallenta, non solo la cadenza di pedalata, e di fianco a te trovi compagni di viaggio che lottano contro fatica e crampi, ma che appena ti vedono provano a donarti un sorriso tra una smorfia di fatica e l’altra. Battuto questo gigante e imboccato l’altro versante del Falzarego, è bello in cima a quest’ultimo radunarsi all’ultimo ristoro prima dell’ultima picchiata verso l’Alta Badia.
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Fatiche finite? Macché! C’è la più pazza, ma anche la più divertente e rumorosa. A La Villa, infatti, una deviazione verso destra e un cartello con un gatto famelico dice tutto: Mür dl Giat. Assomiglia a uno dei muri delle classiche primaverili del Nord, le pendenze sfiorano il 18%, ma a sospingerti verso l’alto ci sono le grida dei tanti appassionati assiepati a bordo strada. Se chiudi gli occhi, per un attimo ti sembra di essere al Giro d’Italia.
Il gatto è domato, il traguardo è ormai vicino. Ultimo chilometro, la flame rouge: le gambe bruciano, il cuore s’infiamma d’emozione. Ci siamo, la linea d’arrivo è lì e ci aspetta un bagno di calore, seguito dalla colorata e gustosa festa del pasta party, a cui ogni partecipante si presenta orgoglioso con la medaglia di finisher al collo.
La fatica lascia spazio alla gioia di condividere la soddisfazione di avercela fatta con tutti. Tra un piatto e l’altro, oltre a qualche meritata birra, si scherza con gli amici, vecchi e nuovi. Trovo Christof Innerhofer, che ho il privilegio di seguire in giro per il mondo durante l’inverno e che alle montagne da del tuo. Ricordiamo insieme le sue gemme olimpiche a Sochi 2014 e parliamo di come sia bello trovarci per una volta senza l’assillo dei ritmi lavorativi. Alle nostre spalle, il Sassongher ci osserva e sembra già aspettarci per l’anno nuovo.

Giulan Maratona dles Dolomites, ci rivediamo il 7 luglio 2024!
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AlexMoling 71
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NOTE
Parole: Alberto Dolfin | Foto: Maratona delle Dolomiti
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